Cosa inibisce il tamoxifene?
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti, elencati al paragrafo 6.1. Nell’uomo Tamoxifene EG è indicato nella profilassi e nel trattamento della ginecomastia e della mastalgia causate da antiandrogeni nel trattamento in monoterapia del carcinoma prostatico. Da oltre 50 anni Humanitas San Pio X è un punto di riferimento per pazienti e medici, riconosciuta fin dalle sua origine per la vocazione al servizio, alla cura e all’assistenza dei malati.
- «Da quelle prime osservazioni siamo arrivati a oggi- commenta Bernardo Bonanni, Direttore della Divisione Prevenzione e Genetica Oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologia-.
- È importante discutere con il medico i potenziali rischi e benefici del tamoxifene prima di iniziare il trattamento.
- Non è stato riportato che tale esposizione abbia causato una successiva adenosi vaginale o carcinoma a cellule chiare della vagina o della cervice nelle donne giovani che avevano subito l’esposizione a tamoxifene nella vita intrauterina.
- Per ottimizzare l’effetto del tamoxifene, è importante considerare tutti i fattori che possono influenzare la sua efficacia.
Come viene somministrato il Tamoxifene?
Negli stadi iniziali della terapia, in un piccolo numero di pazienti con lesioni ossee si è sviluppata ipercalcemia. L’uso concomitante di mitomicina (anche in piccole dosi) e tamoxifene aumenta il rischio di sindrome uremico emolitica, anemia e trombocitopenia, pertanto deve essere evitato. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit di lattasi, o da malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale. E’ consigliabile, quindi, che le pazienti in corso di terapia vengano sottoposte ad adeguati controlli dell’apparato genitale, in particolare dell’endometrio.
Conclusioni: Come Ottimizzare l’Effetto del Tamoxifene
Pertanto, la somministrazione di potenti inibitori dell’enzima CYP2D6 (ad.es. paroxetina, fluoxetina, chinidina, cinacalcet o bupropione) deve, quando possibile, essere evitata durante il trattamento con tamoxifene (vedere paragrafi 4.5 e 5.2). In studi clinici con tamoxifene nel carcinoma mammario sono stati riportati secondi tumori primari a livello di siti diversi dall’endometrio e dalla mammella controlaterale; non è stata stabilita alcuna relazione causale e il significato clinico di queste osservazioni non è chiaro. Il tamoxifene agisce legandosi ai recettori degli estrogeni presenti nelle cellule tumorali, impedendo così agli estrogeni di legarsi a questi recettori e di stimolare la crescita delle cellule tumorali. In altre parole, il tamoxifene “inganna” le cellule tumorali facendo loro credere che gli estrogeni non siano presenti.
Questo meccanismo d’azione è particolarmente efficace nel cancro al seno, dove la crescita del tumore è spesso stimolata dagli estrogeni. Inoltre, il tamoxifene può anche indurre l’apoptosi, o la morte programmata delle cellule, nelle cellule tumorali. Il tamoxifene (Tam) è una molecola sintetica non steroidea facente parte dei cosiddetti SERM (Modulatori Selettivi dei Recettori per gli Estrogeni), farmaci in grado di comportarsi da antagonisti recettoriali in determinati tessuti ed agonisti in altri organi. Il Tam esercita un ruolo di antagonista sui recettori del tessuto mammario e da agonista sull’osso mentre è agonista parziale sull’endometrio 10.
Il volume medio dell’utero è risultato aumentato dopo 6 mesi di trattamento e raddoppiato al termine dello studio durato un anno. Quest’osservazione è in linea con le proprietà farmacodinamiche del tamoxifene, ma non è stata stabilita una relazione causale (vedere sezione 4.4). In particolare, non è stato studiato l’effetto a lungo termine del tamoxifene sulla crescita, sulla pubertà e sullo sviluppo in generale.
Il Tamoxifene è spesso utilizzato in donne in pre e post-menopausa che presentano tumori al seno sensibili agli estrogeni. Il suo uso può essere sia adiuvante, cioè a supporto di altri trattamenti come chirurgia, radioterapia o chemioterapia, sia preventivo, in donne ad alto rischio di sviluppare la malattia. Per ridurre il rischio di recidive dopo un tumore al seno è dimostrata da tempo l’efficacia della terapia endocrina nel caso di tumori positivi ai recettori ormonali in donne dopo la menopausa. In genere alle pazienti vengono proposti farmaci chiamati inibitori dell’aromatasi (letrozolo, anastrozolo, exemestane) oppure tamoxifene per due o tre anni seguito da inibitori dell’aromatasi per altri due o tre anni.
Nel tumore dell’utero, la terapia ormonale si prescrive solo quando la malattia colpisce l’endometrio, il rivestimento interno dell’organo, e non quando la malattia riguarda il collo, cioè nel caso di tumore della cervice uterina. L’endometrio, infatti, come la ghiandola mammaria o l’ovaio, risponde ciclicamente all’azione degli ormoni sessuali femminili, estrogeni e progesterone. Nella donna in età fertile tali ormoni fanno proliferare e maturare ogni mese l’endometrio stesso, predisponendolo a un’eventuale gravidanza.
E’ stato riportato in letteratura che l’interazione farmacocinetica con rifampicina, agente che induce il CYP3A4, comporta una riduzione dei livelli plasmatici di tamoxifene. La decisione di iniziare la terapia con tamoxifene in pazienti con carcinoma duttale in situ deve essere discussa con le pazienti, valutando i potenziali rischi e benefici. Se il tumore invece è estrogeno e progesterone negativo (e dunque non presenta i recettori per questi ormoni sulla propria superficie cellulare), la terapia ormonale è inutile. In una serie di test di mutagenesi in vitro e in vivo il tamoxifene non si è dimostrato mutageno. Informazioni aggiuntive riguardanti la sua prescrizione sono riportate nella sezione http://womans-soul.com/parabolan-un-analisi-approfondita-5/ 4.6. In questi studi Nolvadex è stato somministrato per la durata massima di un anno, senza evidenza di alcun effetto avverso sul controllo del tumore prostatico valutato mediante il dosaggio del PSA.